Sulle dinamiche mente-corpo nel buddhismo indiano e nel taijiquan cinese – Bryan De Notariis

M De Notariis

Sulle dinamiche mente-corpo nel buddhismo indiano e nel taijiquan cinese: invito alla lettura di una perlustrazione oltre i confini delle discipline accademiche

L’uomo è uno, ma le molteplici pieghe culturali che prende nelle varie parti del mondo ci pongono di fronte a una complessità a volte difficile da interpretare. Esperienze simili giungono a noi attraverso il filtro che una data cultura pone, attraverso resoconti imbevuti dei paradigmi culturali in cui tali esperienze sono immerse e da cui sono emerse per giungere sino a noi così spesso appesantite e travestite, quasi fossero delle estranee. Ma il corpo, ecco, quello non mente, esso esperisce al di là delle idee e solo dopo, nel tentativo di razionalizzare l’esperienza, entrano in gioco i solerti impiegati della ragione che prontamente costruiscono e danno senso all’esperienza coi mezzi a loro disposizione. Tali mezzi sono quelli forniti dall’ambiente culturale che funge da luogo di lavoro per questi funzionari dediti alla costruzione del mondo. Vi è pertanto uno iato, se così si può dire, tra quella che è l’esperienza e quella che è la sua (ri-)costruzione giacché ogni uomo, di fronte al medesimo fenomeno, ne fornirebbe un resoconto diverso, filtrato da quella che è la sua ragione, poiché ogni uomo è cultura. Quanto più si è prossimi l’uno con l’altro, tante meno saranno le differenze riscontrabili, siccome la ragione si è basata su materiali di costruzione simili. Ma tra contesti lontani nello spazio e nel tempo come quello del buddhismo indiano e quello del taijiquan cinese possiamo trovare, effettivamente, molte differenze in quella che potrebbe essere l’esposizione di una similare dinamica d’interazione tra il corpo e la mente. Le difficoltà, tuttavia, non dovrebbero spaventare bensì stimolare l’ermeneuta ad affinare i suoi strumenti giacché, come scriveva John Milton, long is the way and hard, that out of Hell leads up to light. Allora, con spirito d’avventura, si è intrapresa questa ardita comparazione, un primo passo esplorativo verso nuove tematiche di ricerca. È un tentativo, certo, ma sappiamo ricordando Karl Popper che la scienza procede per tentativi ed errori, per congetture e confutazioni. Queste congetture sono, a priori, ingiustificate e ingiustificabili, poiché il controllo critico (ossia il susseguirsi di tentativi di confutazione) segue e non precede l’elaborazione di una congettura. Pertanto, se il lettore si troverà inizialmente spiazzato dalle migliaia di kilometri e dai millenni che separano le nostre tradizioni si ricordi questo e prenda un bel respiro nell’addentrarsi in una nuova terra dove l’aria è più rarefatta. Qui si troveranno resoconti buddhisti in cui interazioni consapevoli tra mente e corpo porteranno a percezioni di leggerezza che potrebbero sfociare, secondo la tradizione, finanche in un atto di levitazione, mentre nel taijiquan abbiamo una leggerezza connessa con l’agilità che ha forti ricadute sulla qualità del movimento e, quindi, sul gesto marziale. Benché vi siano differenze nel grado e nella qualità della leggerezza, cionondimeno ci sono anche importanti similitudini tra le quali – e qui ecco un’importante suggestione – il processo di interazione dinamica tra mente e corpo. Questa è anche la base della nostra comparazione, ossia il fatto che gli esseri umani condividano un similare apparato psicofisico. Pertanto, è con piacere che invito i vostri apparati psicofisici a dare un occhio a questa ardita comparazione, sperando di essere stato in grado di mostrarvi ciò che le evidenze mi hanno mostrato.

Bryan De Notariis, Ottobre 2022

 

Per approfondire: “La mente, l’energia e la leggerezza: una comparazione tra buddhismo indiano e tàijíquán 太極拳” (Bryan De Notariis, Università Ca’ Foscari Venezia, Italia) – PDF